Cosa ci insegna la psicologia sul Covid-19?
Articolo a cura di:
Annalisa Murolo, Psicologa Psicoterapeuta
Emozioni e Psiche, Centro di Psicoterapia Roma Prati
Nuovo Coronavirus: una lettura biopsicosociale
- Mente e Corpo nell’elaborazione dello stress
- Il contagio emotivo: cosa si intende per Pandemic Fatigue
- Come affrontare crisi e difficoltà derivanti dalla pandemia
- La psicoterapia ai tempi del Covid: lettino o e-teraphy?
1.1 Nuovo Coronavirus: una lettura biopsicosociale
Il modello biopsicosociale, apparso alla fine degli anni ’90 in contrapposizione all’approccio biomedico, propone una visione olistica dell’uomo, indicando come fattori psicosociali di vario genere siano in grado di esercitare un effetto sulla salute e sul funzionamento del corpo (Solano, 2001). Tale visione aiuta la medicina a comprendere meglio il paziente e la malattia nella sua complessità, considerando non solo gli aspetti fisiologici e medici ma anche il benessere psicologico e l’influenza del contesto sociale. Il modello biopsicosociale è strettamente legato alla psicologia della salute, quella branca della psicologia che si occupa dei processi connessi alla salute e che promuove “un’ottica non più di riparazione del danno ma di promozione della salute” (Solano, 2001). Spostando l’attenzione dal sintomo alla persona, le restituisce dignità ma anche responsabilità, rendendola parte attiva nel suo percorso di cura e nella promozione del proprio stato di benessere. Tale prospettiva risulta molto efficace anche per comprendere meglio dinamiche, fattori e variabili coinvolte nell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo.
Adottare un’ottica biopsicosociale, significa leggere il problema nella sua interezza e complessità considerando che l’essere umano è costituito da fattori biologici, psicologici e sociali estremamente connessi e collegati fra loro. In questo modo, appare chiaro, come la pandemia metta profondamente in crisi l’uomo perché lo colpisce in tutte e tre queste dimensioni: il corpo corredato dai suoi organi e dal patrimonio genetico; la mente comprensiva di aspetti cognitivi e affettivi; gli aspetti sociali che comprendono la dimensione relazionale e il rapporto con gli altri. Ma è sulla dimensione relazionale che vogliamo soffermarci, su quel bisogno dell’Altro senza il quale l’essere umano non può crescere, svilupparsi e affacciarsi al mondo. Dell’importanza del legame con gli altri sono pieni i testi dalla psicoanalisi interpersonale alla più recenti teorie sull’attaccamento. La dimensione dell’incontro con l’Altro, così sapientemente descritta nelle opere di Carotenuto, è la “possibilità di instaurare con esso un rapporto duraturo e significativo, costituisce una fra le tappe più essenziali dello sviluppo e dal suo raggiungimento dipende tutta la nostra possibilità di sopravvivenza” (Carotenuto, 2002). Esiste un bisogno “fisico” dell’altro e un bisogno “emotivo”. L’emergenza sanitaria pone anche il problema di cercare di rendere indipendenti persone che in realtà difficilmente possono esserlo completamente, come per esempio per le persone e i bambini con disabilità grave. In un momento come questo caratterizzato dalle misure di isolamento sociale si sta ponendo molta attenzione al contatto fisico che è per tutti un aspetto importante ma lo è ancora di più per chi non può fare a meno di un contatto con il caregiver (colui che si prende cura). Riflettere su tutto questo sarà utile anche in una fase successiva quando si dovranno ristabilire equilibri compromessi attraverso interventi terapeutici, riabilitativi ed educativi.
La prospettiva biopsicosociale e la conoscenza del nostro funzionamento interno, è allora importante per fare questo primo passo verso il ritorno alla vita. Mantenere una visione dell’uomo che vada al di là della medicalizzazione, della pura biologia, e consideri l’essere umano non come un insieme di organi da riparare ma come qualcosa di più complesso, che contempli anche la dimensione emotiva e sociale, accettandone anche la finitezza, l’imperfezione e l’impotenza difronte agli eventi incontrollabili, ma questa, come sostiene Benasayag, è la sola ed unica via per restituire all’essere umano libertà e tutta la sua incredibile ricchezza (Benasayag, 2010).
1.2 Mente e Corpo nell’elaborazione dello stress
Il nostro cervello ha il compito di assicurare la sopravvivenza in qualsiasi situazione. Il cervello cognitivo è la parte più giovane ed è deputato a capire come funziona il mondo esterno; la parte più antica, il cervello rettiliano, regola le principali funzioni fisiologiche del corpo come respirare, percepire la temperatura o la fame. Sopra al cervello rettiliano si trova il sistema limbico, centro delle emozioni, ed entrambi formano il “cervello emotivo”, “cuore del sistema nervoso centrale con il compito fondamentale di badare al nostro benessere” (van der Kolk, 2015). La neocorteccia, fondamentale per comprendere il significato del trauma, invece, ci permette di “progettare e riflettere, immaginare e creare, sede dell’empatia e di alcune cellule specializzate chiamate neuroni specchio”. A seconda del sostegno sociale ricevuto, delle strategie di adattamento messe in atto dal soggetto e dal riconoscimento/accettazione del proprio stato di salute, cambieranno gli atteggiamenti, i modi di affrontare lo stress e anche gli effetti biochimici sul cervello. Durante i mesi del lockdown molte persone hanno riscontrato alcuni cambiamenti fisiologici come ad esempio alterazioni del ritmo sonno-veglia, dell’umore, con ripercussioni sul desiderio di muoversi e fare attività fisica oppure sull’alimentazione. I cambiamenti nelle abitudini sono tutti elementi che possono avere un impatto diretto sul nostro cervello e compromettere la produzione e la regolazione di importanti neurotrasmettitori, come la serotonina, famosa come il neurotrasmettitore del buonumore, impiegata in numerose funzioni biologiche. I livelli di stress sono fortemente condizionati dall’azione dei neurotrasmettitori ed una cattiva regolazione di queste sostanze può alterare il funzionamento dell’individuo. Da una rassegna dei recenti studi in ambito psicologico e psichiatrico, che si sono soffermati sul rischio di aggravamento per alcune patologie psichiatriche, si evince che l’isolamento forzato può causare un trend peggiorativo nei pazienti che avevano in precedenza manifestato sintomi. Leggiamo, inoltre, che gli effetti delle inevitabili restrizioni hanno colpito maggiormente i “giovani e le donne”, sulle quali ricade nella maggior parte dei casi il carico delle mutate esigenze della famiglia. Per non parlare della ricaduta sui proprietari di piccole e medie aziende, della crisi economica derivante dalla pandemia che mina nel profondo la fiducia nel futuro e nella società e di cui i risvolti più gravi non si sono ancora verificati. Per provare a dare un senso a quanto vissuto in questo anno dovremo imparare a percepire cosa sta accadendo dentro e fuori di noi per rielaborarlo, identificandolo, e dandogli un nome.
1.3 Il contagio emotivo: cosa si intende per Pandemic Fatigue
Nonostante l’arrivo della pandemia abbia costituito un evento di una portata sconvolgente per tutti, con la seconda ondata sono aumentati i pazienti che riportano in terapia una sensazione di malessere legata alla sperimentazione della sensazione di un orizzonte opprimente e minaccioso.
Il coronavirus ci parla anche di un contagio “emotivo”.
L’Organizzazione mondiale della Sanità ha identificato come “pandemic fatigue” un insieme di sintomi come esaurimento emotivo, affaticamento e paura che attanagliano le persone sottoposte ad uno stress prolungato e di cui non si vede la fine. Sicuramente il protrarsi dell’emergenza e l’impossibilità di definire confini temporali certi ha provocato un profondo cambiamento nelle abitudini delle persone insieme alla sensazione di perdita del controllo sulla propria vita. La verità è che il Covid-19 ha messo l’umanità intera di fronte al tema della morte, e questo è, per la mente dell’uomo moderno, intollerabile. Nella nostra società la morte è stata messa alla porta, tanto negata da essere diventata un argomento tabù con tutte le conseguenze che ciò comporta. Con il progresso economico, delle cure mediche e scientifico la percezione della finitezza dell’uomo è andata persa, così come il contatto con la ciclicità della natura, con il suo fluire, finire e ricominciare.
La psicologia ci indica ancora una volta la strada, insegnandoci che l’esperienza del limite è fondamentale nella vita e per una crescita sana, così come lo sono l’incontro con la crisi e con la rottura delle certezze.
1.4 Come affrontare crisi e difficoltà derivanti dalla pandemia
Non sempre gli eventi potenzialmente traumatici lasciano cicatrici psicologiche nella nostra psiche, soprattutto se si è sperimentata una relazione primaria soddisfacente con il caregiver e se sostenuti nella lettura interpretativa e nella ricerca di un senso da esperti della materia, anzi, tali eventi, possono costituire dei momenti per guardarsi dentro e ritrovare energie sopite. Nonostante ciò, come spiega Bessel van der Kolk, uno dei maggiori esperiti di trauma e direttore del Complex Trauma Treatment Network, alcune conseguenze della pandemia come “la perdita del senso di sicurezza, di senso e scopo nella vita, così come la sensazione di perdita di connessione e distacco dall’esistenza” sono segnali che rimandano alla condizione di blocco, confusione ed intorpidimento sperimentata proprio da colui che è sopravvissuto a traumi estremi (van der Kolk, 2015).
Vediamo insieme quale può essere la strada per dare un senso a paure e sofferenza e iniziare a costruire uno spazio mentale impermeabile e protetto dove attingere energie nei momenti difficili.
Se una dose controllabile di paura e ansia è determinante per attivare delle reazioni adattive nell’individuo (adottare misure di prevenzione e contenimento del virus ad esempio), l’eccesso di paura può diventare una gabbia invalidante che impedisce di osservare la realtà e mantenere un contatto con essa, praticare la fiducia e l’ottimismo è invece utile per guardare gli eventi con una diversa prospettiva. Ottimismo e fiducia sono caratteristiche proprie delle persone resilienti, cioè di quelle persone che non si lasciano scoraggiare dalle difficoltà e che reagiscono con forza perseguendo obiettivi talvolta anche sfidanti. Ne sono un esempio i campioni paralimpici o alcuni profughi giunti minori in Italia che poco più che preadolescenti affrontano un viaggio lunghissimo, pieno di difficoltà, mettendo a rischio la propria vita per ricostruirsi una seconda possibilità .
Tutte queste attitudini possono essere allenate e rafforzate.
Vediamo quali altri aspetti caratterizzano un individuo resiliente e quali azioni di contenimento possiamo mettere in atto per far fronte all’emergenza e per arrivare a scoprire anche qualcosa di nuovo su noi stessi.
Abbiamo spiegato che una delle caratteristiche principali dei processi di traumatizzazione è la condizione di perdita di controllo sulla propria vita e la percezione che la situazione di pericolo durerà per sempre. Proprio per questo gli esperti sottolineano l’importanza, anche durante la quarantena, di creare una routine, dei momenti con una cadenza, sfruttando la proliferazione di attività online, che permettano di programmare e progettare azioni in un prossimo futuro. Ad esempio esistono delle pratiche come lo yoga o la mindfulness che aiutano a sviluppare un senso di controllo sulla nostra vita emotiva e aiutano le persone ad allenarsi nello “stare” in modo calmo con i propri pensieri, emozioni e sentimenti. L’importante è concentrarsi su qualcosa che possa risvegliare piacere autentico.
Imparare qualcosa di nuovo, investire sulla propria crescita alimentando in questo modo anche la fiducia in sè stessi è fondamentale per sviluppare la nostra resilienza. In questo modo non si è mai “perdenti”, neanche nelle situazioni difficili, perché investendo su di sé e concentrandosi sulle potenzialità dentro di noi si mette in moto un circolo virtuoso che aiuta nelle difficoltà alimentando quello spazio di rigenerazione utile per scoprire qualcosa di nuovo anche su noi stessi.
Tutto questo è fondamentale per rinforzare quel senso di autoefficacia, quella capacità personale che aiuta le persone a percepire la possibilità di operare un controllo sugli eventi della propria vita. Anche l’adozione di misure di prevenzione avrebbe, secondo gli esperti, un effetto positivo sulla riduzione dello stress, aumentando il senso di autoefficacia percepita dal soggetto. Concentrarsi sul presente mantenendo uno sguardo il più possibile “fiducioso” sugli accadimenti futuri ci permetterebbe di contrastare, inoltre, quel “sovraccarico emozionale” causato da notizie e immagini negative. Cominciare a prestare attenzione a tutto questo è un primo passo, non facile perché una equilibrata visione di sé stessi si raggiunge solo acquisendo strumenti psicologici adeguati. Solo allora si potrà decidere se farsi aiutare da un esperto in questo nuovo viaggio alla scoperta di sè stessi.
Ma come cambia il rapporto tra psicoterapeuta e paziente in tempi di Covid?
1.5 La psicoterapia ai tempi del Covid: lettino o e-therapy?
Nonostante il diffondersi del Covid-19 abbia inevitabilmente cambiato il setting terapeutico, introducendo software per le videochiamate con la possibilità di svolgere le sedute on-line, oggi più che mai è importante è accogliere la domanda di aiuto psicologico, attraverso qualunque mezzo arrivi. Dagli scritti di Cyrulnik (2002) e Malaguti (2005) sulla resilienza si evince che avere a disposizione uno spazio protetto, mentale e fisico, dove potersi cimentare con la narrazione autobiografica delle proprie esperienze traumatiche e non, sia fondamentale per favorire l’espressione di sè stessi con effetti benefici sulla ricompattazione del senso di identità e quindi sulla resilienza.
La psicoterapia, che sia in presenza oppure da remoto, è da sempre uno spazio mentale e fisico dove è possibile “narrare e ri-narrare” la propria storia costruendo nuovi significati e in cui si sperimenta condivisione e intimità. Oggi, solitudine ed estraniamento sono diventati sempre più sentimenti attuali; se il senso di esclusione, come afferma Piperno, è probabilmente la tematica più diffusa nelle persone che richiedono una psicoterapia (Piperno, 2009), ecco che allora la cura dell’anima può rappresentare un forte elemento di radicamento per l’individuo nel suo contesto e di crescita del suo senso di appartenenza.
In conclusione, che sia on line o in presenza, che ci abbandoni comodi su un lettino di freudiana memoria oppure davanti ad uno schermo nella poltrona di casa, la relazione terapeutica permette un saldo ancoraggio ad un “qui e ora”, che ci permette di restare connessi alle nostre radici e ad una dimensione sociale che sappiamo essere fondativa dell’identità dell’essere umano. Rimanere in contatto, seppur da remoto, permette una connessione emotiva che sostiene, rimanda alla possibilità di esistere ed essere visti da un terapeuta/genitore. In questo momento così singolare in cui tutti patiamo un’alterazione di coscienza: il tempo, lo spazio, il mondo esterno, la relazione subiscono un mutamento e come il naufrago può ritrovarsi alla deriva del mare, lo stesso può avvenire se si ci perde in solitudine alla ricerca di senso. Il compito di psicoterapeuti e pazienti è dunque quello di veleggiare insieme, tenendo la rotta verso porti più sicuri trasformando la crisi in un’occasione di crescita sia della consapevolezza che della capacità di gestire i propri stati interni e il senso di impotenza percepito.
Bibliografia
Benasayag, M.; Schmidt, G.(2004). L’Epoca delle passioni tristi. Feltrinelli Editore
Benasayag, M. (2010). La salute ad ogni costo. Medicina e biopotere. Vita e Pensiero
Van der Kolk, B. (2015). Il corpo accusa il colpo. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Piperno, R. (2009). I nodi attuali della psicoterapia, Milano: FrancoAngeli.
Malaguti, E. (2005). Educarsi alla resilienza, Trento: Edizioni Erickson.
Carotenuto, A. (1998). Vivere la distanza, Milano: Bompiani.
Solano, L. (2001). Tra Mente e Corpo, come si costruisce la salute. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Sitografia
Van der Kolk, B. Nutrire la nostra salute mentale durante la pandemia da Covid-19, in webinar del 3 aprile 2020 di Bessel Van der Kolk, https://www.besselvanderkolk.com
Pannozzo, D. (2020) Effetti secondari del Covid-19: risvolti psicologici della quarantena, https://www.stateofmind.it